Ci sono due tipi di egoisti: coloro che lo ammettono, e poi gli altri.
Laurence J. Peter
Scommetto che è successo anche a te.
Probabilmente anche tu, almeno una volta in vita tua, sei stato tacciato di egoismo o ti sentito affibbiare la parola “egoista”.
Lasciami subito dire che questo succede, molto spesso, quando intraprendiamo un percorso di crescita personale.
Quando finalmente troviamo il coraggio di negarci alle pretese altrui e rispettare le nostre priorità.
Ora, personalmente penso una cosa.
È assolutamente vero che l’egoismo, talvolta, sfocia in egocentrismo ed esagerato senso della propria importanza. Come negarlo? Basta guardarci per un attimo intorno e vedere quanti palloni gonfiati riempiono le nostre strade (e le nostre bacheche social) 😉
Stando ben lontani da queste forme estreme, penso anche che oggi esibire un sano e prudente egoismo sia la scelta più giusta per tutti.
Per noi e soprattutto per gli altri.
E ora ti spiego subito il perché cominciando con un esempio molto familiare 😉
Maschera dell’ossigeno
Chiamiamo egoista chi non si sacrifica al nostro egoismo.
Nicolàs Dàvila
Forse come me ami molto viaggiare, e quindi prendi spesso l’aereo.
Lo abbiamo mai notato? Quando siamo seduti in attesa della partenza, le carinissime assistenti di volo ci danno, ad ampi gesti, delle precise istruzioni: in caso di riduzione della pressione in cabina – su segnale del comandante – dovremo usare le apposite maschere dell’ossigeno.
Ci viene però anche specificata un’altra cosa.
Ancor prima di aiutare chi ci sta accanto (uomini, donne o bambini) dovremo essere noi i primi ad indossare la maschera dell’ossigeno.
Come mai questo? Perché prima noi?
Forse le compagnie aeree vogliono farci fare la figura degli avidi egoisti?
Assolutamente no. Quanto ci viene comunicato risponde ad una chiara e logica verità.
Una persona in ipossia non solo non sarà in grado di aiutare chi le sta attorno, ma diventerà lei stessa un peso per gli altri.
Detto ancora meglio: una persona in difficoltà non solo non riesce a fare del bene a chi le sta accanto, ma avrà lei stessa bisogno di qualcuno che la aiuti.
Ora, questo ragionamento è di una semplicità disarmante, non è vero?
Eppure sembriamo non applicarlo nella vita di ogni giorno 😉
Un sano egoismo
La cosa più grande è rispettare te stesso. Solo in quel modo, solo con il rispetto di te stesso tu obblighi gli altri a rispettarti.
Fëdor Dostoevskij
Di esempi ce ne sono infatti tantissimi.
Pensiamo a tutte le volte in cui, all’università, pur di aiutare un collega che supplicava il nostro aiuto, abbiamo finito col rimetterci noi stessi.
Non solo abbiamo fornito un aiuto mediocre, ma siamo rimasti indietro col programma e lo abbiamo rimpianto il giorno dell’esame.
O pensiamo ancora a tutte le volte in cui – pur di accontentare un nostro parente che proprio non ne vuole sapere di informatica – ci siamo messi a smanettare con la tastiera al suo posto, risolvendo ogni nuovo problema, salvo poi vederci piovere addosso cinque nuove richieste di aiuto a settimana “perché noi lo sappiamo fare”.
Ripeto. Gli esempi sono innumerevoli. E c’è un solo modo per evitare che questi episodi capitino in continuazione.
Quello di imparare ad essere un po’ egoisti, rispettando il nostro tempo e le nostre priorità.
Certo. Lo so bene: non sempre è facile.
Non dimentichiamo infatti che siamo creature sociali e nel corso dei millenni ci siamo evoluti imparando a desiderare l’approvazione degli altri.
Per i nostri antenati nelle savane ottenere il consenso del gruppo era vitale.
Un’esclusione dalla comunità avrebbe infatti voluto dire morte certa.
Ma questo valeva, appunto, per i nostri antenati. Oggi più che mai, al contrario, dobbiamo imparare ad armarci di sano cinismo e imparare a declinare molto delle richieste che ci arrivano dall’esterno.
Ti dirò di più.
In molti casi faremo del bene non solo a noi ma anche agli altri.
Paradossalmente potremmo infatti dire che, alle volte, un sano egoismo sia la miglior forma di altruismo.
Vediamo subito come.
Percorso di maturità
La crescita è un viaggio con molti più naufraghi che naviganti.
Eduardo Galeano
Lo avrai notato anche tu.
Molti di noi sono cresciuti nell’era della comodità a portata di click.
Piano piano ci siamo stati abituati a dare per scontato il benessere che ci circonda e ad allontanare tutto ciò che, invece, è scomodo e richiede tempo per essere ottenuto.
Ci siamo assuefatti all’idea che esista sempre una scorciatoia in grado di condurci senza sforzo verso l’ambita ricompensa.
Non c’è da meravigliarsi se quindi, al giorno d’oggi, tanti di noi mostrano una bassa resilienza dinanzi ostacoli ed avversità.
E qui veniamo al primo beneficio.
Nel momento in cui qualcuno bussa alla nostra porta chiedendo aiuto laddove prima, da parte sua, non vi è stato il minimo impegno, declinare quella richiesta diventa la scelta migliore non solo per noi ma, soprattutto, per lui 😉
Sproneremo il nostro interlocutore ad intraprendere quel percorso di apprendimento che tende ancora ad allontanare.
Un percorso costeggiato da difficoltà, tentativi e fallimenti – nessuno lo mette in dubbio – ma necessario per espandere le competenze e guadagnare nuove abilità.
Insomma, evitando di fare sempre da scudo umano, avvieremo il nostro interlocutore verso una maggiore maturità mentale e una più alta tolleranza allo sforzo. Li aiuteremo a farsi crescere “i scagghiuna”, i denti, come diciamo a Palermo 😉
Ma oltre questo c’è altro.
Un secondo importantissimo beneficio.
Restituiamo indietro
Ciò che abbiamo fatto per noi stessi muore con noi. Ciò che abbiamo fatto per gli altri dura per sempre.
Harvey Mackay
Sia ben chiaro.
Se pensi di dover declinare in futuro ogni richiesta di aiuto ti sbagli di grosso. Non è questo il messaggio che voglio lasciare passare.
Tutt’altro.
In determinate occasioni aiutare il prossimo non deve essere nemmeno considerato una possibilità bensì un nostro preciso dovere.
Il punto è che prima di poter fornire aiuto al prossimo dobbiamo essere noi stessi nella condizione di poterlo dare.
È proprio questo ciò che abbiamo imparato nel corso del post.
E per metterci nella condizione di aiutare il prossimo dovremo, almeno inizialmente, dire molto spesso di No.
Avremo così tempo per concentrarci su noi stessi, per portare a compimento i nostri impegni, rimanere fedeli alle nostre priorità, e guadagnare in esperienza e competenze.
A quel punto, quando avremo raggiunto la nostra stabilità saremo in grado di restituire tutto quanto indietro.
E saremo in grado di farlo al meglio, con un contributo pieno e competente.
Avremo già aiutato noi stessi e ci saremo messi nelle condizioni di poter aiutare gli altri.
Conclusioni
Insomma.
Spero l’articolo abbia offerto buoni spunti di riflessione.
Impariamo a rispettare noi stessi, i nostri impegni, i nostri progetti. Mostriamo un sano egoismo se necessario.
E non dimentichiamo che, una volta raggiunta la nostra stabilità e messa per bene la nostra maschera dell’ossigeno, sarà nostro dovere quello di aiutare il prossimo.
Ci leggiamo al prossimo articolo.
Un abbraccio,
Carlo
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