L’importanza e la complessità (percepite) di un compito aumentano in rapporto al tempo assegnato per la sua esecuzione.

Tim Ferris (sulla legge di Parkinson)

Forse ti ricordi: recentemente abbiamo parlato molto di produttività.

Abbiamo scoperto la famosa legge di Pareto (anche nota come principio 80/20), imparando come larga parte del risultato finale sia frutto quasi sempre di un numero ristretto di cause.

Dai una seria lettura al post se non lo hai ancora fatto 😉

Oggi andremo oltre.

Parleremo di una nuova particolare tecnica per incrementare al massimo la nostra produttività.

Scopriremo infatti assieme la legge di Parkinson.

Una legge che prende il nome dallo stesso autore britannico che l’ha elaborata.

Vediamo subito di cosa si tratta 🙂

 

Tempo o risultato?

L’uomo più impegnato è quello che trova sempre più tempo libero.

Proverbio

Poniamoci subito un paio di semplici domande.

All’interno di una giornata tipo come misuriamo la nostra produttività? Sulla base di quali parametri consideriamo proficua e produttiva una giornata di studio o di lavoro?

Beh, la risposta la conosciamo già tutti.

Nella grande maggioranza dei casi valutiamo il nostro rendimento in base ad un solo parametro: il tempo speso.

La nostra società — forgiata obbedendo al rigido protocollo 9.00/17.00 — considera una giornata realmente produttiva solo quando lo spazio destinato a lavoro (o studio) viene interamente riempito.

Ma siamo sicuri che questo sia il modo migliore per misurare il nostro rendimento?

Siamo sicuri che misurare la qualità dei nostri sforzi in base al tempo speso (e non in base al risultato portato a casa a fine giornata) sia veramente la cosa giusta?

Possiamo facilmente intuirlo: la risposta è un secco No.

E cosa ci dice in tutto questo la legge di Parkinson?

Leggiamo bene ⇓

Il lavoro si espande fino ad occupare tutto il tempo disponibile per il suo completamento.

Cyril Parkinson

Il messaggio è chiaro: più tempo avremo a disposizione per completare un determinato compito, più ne avvertiremo peso e complessità, aggiungendo lavoro superfluo laddove non ve ne sarebbe reale bisogno e colmando l’intero tempo disponibile.

Vediamo assieme subito un esempio pratico 😉

 

Gli esami non finiscono mai

La vita è un’attesa tra un esame e l’altro.

Sergio Leone

Immaginiamo questo.

Mettiamoci per un attimo nei panni di uno studente universitario.

Come ci comporteremmo se dovessimo all’improvviso scoprire che la data di un esame importantissimo è stata anticipata di due settimane?

Probabilmente riverseremmo sin da subito le nostre energie solo su quanto davvero essenziale per agguantare il traguardo: superare l’esame con un buon voto.

In quelle due settimane il nostro focus sarebbe orientato sugli argomenti principali del corso nonché alle domande più poste all’esame.

Eviteremmo dati superflui e non necessari.

L’unica vera cosa realmente importante per noi diverrebbe il risultato: l’esame superato e il libretto pieno portato a casa.

E qui viene il bello.

Cosa accadrebbe se, al contrario, dovessimo trovarci improvvisamente con ben due mesi in più a disposizione per preparare lo stesso esame?

Te lo dico io.

La complessità percepita della materia aumenterebbe, e con essa le ore di studio sui libri.

Verseremmo nella costante convinzione di avere studiato troppo poco. Impiegheremmo tempo ed energia non solo su quanto davvero utile ma anche sul superfluo e trascurabile.

Che diamine. Se ci hanno concesso due mesi per preparare quella materia un motivo ci sarà. Non ragioniamo forse così ? 😉

Annegheremmo così in uno studio lento e poco produttivo (oltre che in un eccessivo ripasso) arrivando a colmare in pieno i nostri due mesi per la preparazione di un esame che magari avremmo potuto mettere a punto in sole due settimane.

Chiaro adesso? 😉

 

Costrizioni temporali

L’unica pressione a cui sono sottoposto è quella che metto su me stesso.

Mark Messier

Ora, lascia che ti dica una cosa.

Proprio nei contesti di abbondanza temporale dovremmo rimanere molto vigili sul tempo speso, e mantenere sempre lo sguardo sul risultato finale.

Da questo punto di vista possiamo sfruttare la legge di Parkinson applicando la tecnica delle costrizioni temporali. E ti spiego subito di cosa si tratta.

Se il termine per la consegna di un’applicazione al cliente è tra un mese perché non proviamo a scriverla in due settimane?

Se l’esame è tra due mesi perché non concludiamo l’intero programma della materia entro un solo mese? 

Se ci siamo proposti di finire la lettura di un libro entro una settimana perché non finirlo in quattro giorni?

Se mi sono imposto di scrivere, revisionare e pubblicare questo articolo in quattro ore, perché non provare a farlo in due?

Credimi, saremo sorpresi da quanto siamo in grado di raggiungere quando una giusta e sana pressione ci costringe a focalizzarci sull’utile e sull’essenziale.

Ma non è finita qui.

Se a causa di un imprevisto (o per nostra semplice mancanza) non dovessimo rispettare la scadenza auto-imposta avremo comunque creato un cuscinetto temporale sul quale fare affidamento per rispettare il reale termine esterno.

Insomma, uniremo l’utile al sicuro 😉

 

Per concludere

Il mio invito è quindi il seguente:

Impariamo ad applicare simultaneamente le due P di Pareto e di Parkinson.

Come avrai forse notato si tratta dopotutto di due tecniche tra loro simmetriche:

  • Pareto ci porta a focalizzarci sull’essenziale, e così facendo ci porta a ridurre il tempo.

  • Parkinson ci porta a ridurre il tempo, e così facendo ci porta a focalizzarci sull’essenziale.

Penso adesso sia tutto chiaro.

Impariamo a prestare attenzione a quanto realmente necessario per raggiungere il nostro traguardo.

I risultati sul piano della produttività saranno estasianti 😉

In bocca al lupo, e buon lavoro focalizzato 😉

Un abbraccio,

Carlo

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