L’istruzione è l’arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo.

Nelson Mandela

Eccoti qua. Anche tu sei arrivato al punto di svolta.

È arrivato il momento di decidere in quale facoltà universitaria iscriverti e proseguire gli studi.

Le domande che, in questo esatto momento, ti starai ponendo sono tante.

Qual è la facoltà più giusta per me?

I miei mi vogliono avvocato, ma io lo voglio veramente?

Ingegneria o economia?

Giurisprudenza o informatica?

Ci sarà un lavoro dopo? 

Quali sono le migliori università?

Ebbene. In questo articolo ti spiegherò quelle semplici tecniche, basate sulla mia personale esperienza, attraverso le quali ho scelto con sicurezza dove avrei proseguito i miei studi, senza mai tornare indietro sulla scelta fatta.

Ma non solo. Ti darò anche un piccolo bonus finale.

Continua a leggere. Ti prometto sarà tempo ben speso 😉

Ma partiamo dall’inizio.

Era l’estate del 2010, quella dei mondiali in Sud Africa e del tormentone Waka Waka.

Appena diplomato, come tutti i miei compagni di liceo anche io mi sono trovato a dover scegliere la facoltà di studio che poi avrebbe avviato la mia carriera.

Come te in questo momento, avevo dubbi e perplessità.

Essendo una persona molto riflessiva, ho quindi cominciato a pormi delle domande e a sviluppare quei punti fermi mi hanno poi permesso di definire con chiarezza la mia decisione.

Li ho organizzati per bene e oggi voglio condividerli con te.

Scopriamoli assieme 😉

 

Stiamo scegliendo (veramente) noi?

Ognuno di noi è artista della propria vita: che lo sappia o no, che lo voglia o no, che gli piaccia o no.

Zygmunt Bauman

Sarò sincero. Dal canto mio sono stato molto fortunato.

Ho infatti sempre avuto due splendidi genitori che, normali screzi familiari a parte, mi hanno sempre lasciato piena carta bianca su ciò che intendessi realmente fare della mia vita.

Arruolarmi o andare all’università. Rimanere in Italia o andare all’estero. Scegliere una facoltà piuttosto che un’altra.

“Carlo. La scelta è tua. Noi possiamo solo suggerirti”.

Sarò ad entrambi per sempre grato per questa loro attitudine.

Ora, non so se questa è la stessa situazione nella quale versi tu, ma proprio da qui viene il primo prezioso suggerimento:

Ragazzi. È della nostra vita che si parla qui. Si parla del nostro futuro e della nostra felicità.

La vita è troppo breve per lasciarla scivolare via inseguendo i sogni di qualcun altro, o per obbedire ad aspettative che non ci appartengono.

Se mamma e papà esercitano su di noi delle pressioni è dunque arrivato il momento di sedersi ad un tavolo con loro e fargli gentilmente capire che, mentre i suggerimenti dei genitori sono (quasi) sempre una miniera d’oro, le loro pressioni, al contrario, rischiano solo di farci assumere pesanti decisioni sbagliate.

Avere la mente sgombra da qualsiasi aspettativa esterna è il primo passo che raccomando nella scelta del nostro futuro percorso di studio.

 

“Fa quello che ami!” (O forse no?)

Sei pagato in misura proporzionale alla difficoltà dei problemi che sei in grado di risolvere.

Elon Musk

L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.

Lo dice la Costituzione e lo sa bene ognuno di noi.

Questo non implica, però, che il lavoro debba essere considerato un diritto acquisito per natura divina, calato giù dal cielo mentre gli angeli cantano beatamente in coro, solo perché noi abbiamo completato il nostro ciclo di studi.

A costo di suonare brutto e antipatico ti dirò infatti l’amara verità:

Il lavoro è il giusto ruolo ricoperto da chi possiede competenze concretamente utili e richieste dal mercato.

Gli individui che creano valore, risolvono problemi e forniscono soluzioni – alla propria azienda o ai propri clienti –  ottengono in cambio o uno stipendio o un fatturato.

Nel mentre, chi non ha competenze utili e al passo coi tempi, rimanendo tagliato fuori dal mercato occupazionale, piange e si lamenta di come in Italia non funzioni niente.

Avevo già affrontato l’argomento in un post che ha suscitato un po’ di indignazione (e se ti vuoi “indinniare” pure tu l’articolo è → proprio questo) 😉

Anche qui, come sempre, voglio essere schietto con te e dirti come stanno le cose nella vita reale.

È molto romantico seguire esclusivamente sogni e passioni. Iscriversi in corsi di laurea certamente interessanti, ma anche di dubbia utilità lavorativa.

Se ci iscriviamo in una determinata facoltà con l’intento di portare un giorno la pagnotta a casa, dobbiamo quindi stare bene attenti a cosa scegliamo perché dopo la laurea dovremo fare i conti con la domanda che viene dal mercato del lavoro.

A quel punto le conoscenze che avremo maturato saranno richieste, oppure no?

Ad esempio, che io sappia decantare a memoria le rime ottave di Ludovico Ariosto sarà richiesto dal mondo del lavoro, oppure no?

Che io sappia interpretare dati statistici, leggere un bilancio aziendale o scrivere un programma in Java sarà richiesto o meno?

Mi segui?

Qui non intendo sminuire alcun corso di studio (personalmente penso che ogni indirizzo abbia il suo particolare fascino), ma provo soltanto ad offrire una visione pragmatica della realtà.

Le competenze maturate a fine percorso ci renderanno dei candidati competitivi e con ambite qualifiche professionali, o no? Chiediamocelo prima di iscriverci.

Ps. Sull’argomento penso troverai molto simpatico questo video 😉

 

Un mezzo, non un fine

Se non sai dove vai nessuna strada ti condurrà da qualche parte.

Henry Kissinger

Altro importante concetto che vorrei interiorizzassimo un po’ tutti.

L’università non è mai il punto di arrivo.

I nostri studi universitari dovrebbero essere considerati per quello che realmente sono: un punto di partenza capace di dare enorme slancio al nostro futuro professionale.

Eppure vedo tanti colleghi, una volta conseguita la laurea, esaltarsi come se li attendesse da lì in avanti una vita di gloria, successo e benestare.

Sembrano aver raggiunto l’apice della loro esistenza. Si sentono “arrivati”.

Ma sono quegli stessi colleghi che – smaltita la sbornia dei festeggiamenti – non hanno poi, puntualmente, la minima idea di come comportarsi e cosa fare.

Mandano CV un po’ a caso, appena prima di lamentarsi (anche loro) di come in Italia non funzioni niente e manchi il lavoro.

Mi segui? Il messaggio che voglio lasciare passare è questo: l’università è molto più di un titolo da conseguire per fare contenti “papà e mammà”.

L’università è un mezzo per raggiungere un obiettivo di vita infinitamente più grande.

Ed è proprio questo obiettivo di lungo a termine a mantenere alta la nostra motivazione allo studio anche con le materie più ostiche.

Iscriviamoci quindi all’università con un preciso intento.

Chi vogliamo essere?

Qual è il futuro professionale ultimo cui aspiriamo?

Per quanto possano sembrare domande sempliciotte la verità è che sono troppo spesso sottovalutate.

Nella mia esperienza ho visto colleghi presentarsi ai test di accesso per giurisprudenza, economia, medicina e scienze motorie in una stessa settimana.

“Vediamo un po’ dove riesco ad entrare”, era la loro attitudine.

Secondo te questi colleghi avevano un’idea ben chiara di quello che volevano fare della propria vita? Avevano un obiettivo da inseguire?

No.

Ed infatti, in qualunque facoltà siano poi entrati, hanno poi tutti abbandonato l’università dopo mediamente un anno.

Dobbiamo quindi avere prima un obiettivo da raggiungere, e sulla base di quello valutare quindi la facoltà che ci permetterà di agguantarlo.

 

Piccolo bonus

In questo articolo mi sono limitato a sottolineare quei punti fermi che, a mio avviso, andrebbero sempre ben tenuti in mente al momento di una scelta così importante come quella della nostra futura facoltà.

Detto questo, anche la scelta dell’ateneo è ovviamente molto rilevante, ed è limpido come alcune università italiane siano migliori di altre sia per qualità degli insegnamenti che per organizzazione e servizi offerti.

Ti invito quindi a dare un’occhiata alla classifica delle università italiane di Wikipedia.

Nella scelta del tuo ateneo ti suggerisco anche di tenere conto delle prospettive di mobilità internazionale.

La mobilità Erasmus (ne ho fatte 3) è un progetto dal valore formativo incommensurabile.

Se non sai ancora perché dovresti farlo ti suggerisco questo articolo.

Se sei già familiare col programma e vuoi partecipare già dal primo anno ad un Erasmus Traineeship ti conviene invece leggere qui.

Last but not least ti invito anche a partecipare anche alle Welcome Week organizzate dagli atenei per presenziare la propria offerta formativa e la propria gamma di servizi.

Io stesso ho esposto anni addietro, per conto dell’Università di Palermo, l’offerta formativa della mia facoltà (sì, quello strano tizio che sorride in foto sono io) ed è stato un piacere fornire alle future matricole i migliori suggerimenti che potessi dare.

Spero di aver fatto altrettanto con te tramite questo articolo.

Non mi resta che farti un grosso in bocca al lupo per il tuo futuro accademico.

Un abbraccio, e buona fortuna,

Carlo

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