Ho letto di uno che ha lasciato a casa lo smartphone per un giorno intero ed è stato catapultato in un mondo parallelo chiamato realtà.
Comeprincipe, Twitter
Sarò sincero. Per tantissimi anni ci sono cascato anche io.
Mentre studiavo, mentre lavoravo, mentre ero in compagnia dei miei amici o della mia ragazza, lui era sempre lì accanto a me.
Sì, esatto. Sto parlando proprio di lui.
Quel dannato smartphone era sempre sotto i miei occhi, pronto a sedurmi, sviarmi e catturare la mia attenzione.
Piaccia o meno, infatti, la realtà al giorno d’oggi è questa: gli smartphone (nella loro indubbia utilità) sono diventati per noi anche una gigantesca fonte di distrazione.
Non ci consentono più di essere presenti sul momento e ci trattengono dall’ottenere in maniera piena i risultati che inseguiamo (sia umanamente che professionalmente).
Limitano non solo la nostra produttività ma anche la qualità delle nostre relazioni sociali.
In questo breve articolo faremo dunque una cosa.
Parleremo di una semplicissima tecnica per far fronte a questo diffuso problema. Un metodo che non solo vanta un solido fondamento scientifico, ma che per di più conosciamo già tutti bene.
Curioso di sapere quale sia? Resta con me mentre partiamo dall’inizio 😉
Cause della distrazione da smartphone
Il corpo umano è in grado di sopravvivere 10 giorni senz’acqua, e solo 5 ore senza 4G.
Anonimo
Quante volte ci è capitato?
Stiamo scrivendo sul nostro blog, stiamo studiando per il prossimo esame, o magari ci stiamo allenando in palestra, quando all’improvviso sale in noi quella solita tentazione.
Quella di prendere in mano lo smartphone e vedere cosa ci sia di nuovo per noi: likes, commenti, cuoricini, tag, menzioni, video, stories interessanti.
Ma perché – così, senza un apparente motivo – sale in noi l’impulso di distrarci, fare swipe e controllare? Per quale motivo tiriamo fuori istintivamente lo smartphone dalla tasca per lanciare un’occhiata?
La ragione è molto semplice.
Gli smartphone (e ancor più nello specifico i social network) sollecitano le regioni più primitive e impulsive del nostro cervello, puntando su un nostro particolare meccanismo biologico: il famoso circuito dopaminergico e della ricompensa.
Abbiamo in fondo già sentito parlare tutti quanti, oramai, di dopamina.
La dopamina è un importantissimo neurotrasmettitore che – anticipando e prefigurando all’interno del nostro cervello il piacere consumatorio legato ad una possibile ricompensa – induce ad agire per inseguire quella ricompensa stessa.
In neuroscienza si chiama anche wanting. Stiamo parlando di un curioso meccanismo biologico attraverso cui Madre Natura ci ha plasmato per indurci a muovere il culetto da terra e inseguire traguardi immediati e fondamentali per la sopravvivenza della specie quali cibo, sesso e protezione.
E qui viene il bello.
Dal momento che – biologicamente parlando – il nostro cervello non è poi cambiato molto da quando vivevamo nelle savane, oggi, nell’epoca dei social e degli smartphone, la dopamina è sempre la stessa che ci seduce ad agire impulsivamente per inseguire la gratificazione immediata.
“Wow. Qualcuno mi cerca. Vediamo chi è!”
Facciamo swipe per vedere se sono arrivati nuovi likes e commenti. Feedback positivi che appagano il nostro ancestrale bisogno di sentirci apprezzati dagli altri e ricevere l’approvazione del gruppo.
“Controllo solo un attimo per vedere se c’è qualcosa di nuovo”.
Come dei giocatori d’azzardo che azionano (ancora una volta) la leva della slot machine, anche noi facciamo swipe per tentare la sorte e vedere se c’è qualcosa di interessante per noi. Scrolliamo le feed, ci confrontiamo con le vite degli altri e mitighiamo la paura di lasciarci sfuggire via qualcosa di importante (la famosa Fear of Missing Out).
Questi e mille altri meccanismi cognitivi su cui i social fanno leva. Chiaro?
In Silicon Valley non sono dopotutto fessi, anzi conoscono benissimo come funziona il nostro cervello.
Dal colore delle app, alla predisposizione dei contenuti, per arrivare alla frequenza delle notifiche. Tutto è perfezionato nel minimo dettaglio per richiamarci (e trattenerci) sulla piattaforma. (Guardati questo documentario in basso quando hai tempo. Te lo consiglio veramente)
E la conseguenza di tutto questo è ben visibile sotto i nostri occhi: al giorno d’oggi abbiamo sviluppato praticamente tutti una dipendenza da smartphone.
Obbediamo istintivamente alla tentazione di fare swipe sullo schermo. Siamo divenuti incapaci di differire l’impulso dall’azione.
Si è arrivati al punto che si parla di monkey mind (cervello da scimmia) per indicare il modo in cui oramai non solo non riusciamo più a mantenere ferma la nostra attenzione a lungo su una singola task, ma reagiamo d’istinto al primo stimolo esterno (che ci trasporta immediatamente altrove).
Ma cosa fare allora? Come non farci più sviare dalle distrazioni dello smartphone?
Scopriamolo subito.
La soluzione sbagliata
Per fortuna tutti i miei amici hanno uno smartphone, altrimenti quando ci si vede si sarebbe costretti a parlarsi.
romaincheylan, Twitter
A un certo punto però la realtà bussa alla porta e finalmente ce ne accorgiamo: stiamo facendo tutto meno che rimanere concentrati sul lavoro.
Stiamo lasciando scivolare via quantità immense di tempo sulle inutili notifiche di uno schermo luminoso, e siamo ancora ben lontani dal portare a compimento i nostri progetti.
E come reagiamo quindi? Cosa facciamo quando finalmente promettiamo a noi stessi che il telefono non dovrà più distrarci?
Semplice.
Prendiamo il nostro smartphone, lo poniamo in modalità silenzioso (e a display in giù) sulla scrivania, e cerchiamo di concentrarci sulla nostra attività.
Ora, lascia che ti dica una cosa.
Questa soluzione non è tanto diversa dallo sbandierare una stecca di sigarette sotto il naso di una persona in astinenza da nicotina.
Il motivo è anche semplice ed è legato al meccanismo dopaminergico appena visto.
Lo smartphone produce in noi una forte tentazione: o vi cediamo o vi resistiamo.
Una interessantissima ricerca pubblicata nel 2004 dal Journal of Social Psychology ha dimostrato come il fatto stesso di avere lo smartphone ben visibile sul tavolo (pur non usandolo) catturi e monopolizzi la nostra attenzione.
Anche se solo solo a livello inconscio, in ogni momento ci chiediamo se stiamo ricevendo notifiche, quali potrebbero essere, e soprattutto resistiamo alla tentazione di dare un’occhiata. Questo procura fatica mentale, distoglie le nostre energie e ci impedisce di focalizzarci pienamente sulle nostre attività.
Allontana il nostro focus dal compito che in quel momento dovremmo eseguire con la più assoluta concentrazione.
Chiaro?
La cosa interessante è che è la stessa cosa succede anche se lo smartphone non è il nostro, ma di un’altra persona. Incredibile, vero?
Ma cosa dobbiamo fare allora?
Come è meglio comportarci?
Te lo spiego subito io.
La soluzione giusta
È meglio evitare l’esca che dibattersi nella trappola.
John Dryden
Sarò chiaro.
La soluzione migliore (convalidata anche dall’ottimo libro di produttività Peak Performance) è anche la più semplice: dobbiamo mettere lo smartphone totalmente da parte.
Esatto. Hai letto bene.
Dobbiamo allontanarlo da noi. Dimenticarlo completamente.
In poche parole dobbiamo applicare il famoso principio “Out of sight, out of mind“. Lontano dalla vista, lontano dalla mente.
Semplice vero?
Eppure quanti di noi lo fanno?
Pochissimi.
Ti darò dal canto mio un esempio “live”.
Mentre scrivo questo post dal giardino di casa mia lo smartphone è rimasto in tutt’altro angolo della casa (ok, ammetto che ora che ne sto parlando magari mi è tornato un po’ in mente 😉 )
Il punto che voglio trasmettere è molto semplice ed è questo.
Dobbiamo allontanare ogni possibile tentazione.
Zero lusinghe e zero distrazioni.
Questa tecnica funziona perché ci permette di dedicarci in maniera completa al nostro compito e alle nostre priorità.
Lo noterai tu stesso.
Impariamo dunque a dedicarci con assoluta concentrazione quando studiamo o lavoriamo, e quando ci concediamo una pausa non andiamo a cercare lo smartphone: concediamoci una vera pausa e facciamo riposare il cervello.
Allontanando e dimenticando completamente il nostro smartphone i risultati sul piano della produttività saranno nettamente migliori. Stiamone certi 😉
Spero dunque l’articolo sia stato utile.
Noi ci leggiamo negli altri articoli del blog.
Un abbraccio,
Carlo
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