3000 amici su Facebook, 7000 follower su Twitter.
Ma per capire quanto tengono a te, dovresti vedere in quanti saranno al tuo funerale.
David_IsayBlog, Twitter
Oggi faremo un compitino molto interessante.
Scriveremo assieme poche righe che –ne sono certo– cambieranno il modo in cui guardiamo alla nostra stessa vita.
Aggiungo che si tratta di un particolare esercizio di immaginazione.
Scopriamolo subito assieme 😉
Immagina
Se al mio funerale vedo qualcuno con il muso lungo, non gli parlerò mai più.
Stan Laurel
Fai per un attimo questo. Immagina di essere ad un funerale.
Raffigura nella tua mente le tante persone raccolte. Ognuna di loro è in procinto di dare l’ultimo saluto ad un caro che le ha appena lasciate.
Avverti nell’aria la tristezza del momento e un malinconico silenzio interrotto solo dai singhiozzi dei presenti.
A turno ognuno vuole dire qualcosa per condividere, commosso, i propri ricordi. E proprio tra i presenti noti qualcosa.
Riconosci prima i tuoi familiari, poi i tuoi amici. Vedi anche i tuoi colleghi.
All’improvviso ti sorge un dubbio.
Non capisci cosa stia succedendo, ma sei intenzionato a capire.
Ti fai largo con affanno tra la folla, vuoi vedere con i tuoi occhi. Ed ecco che il terribile presentimento diventa realtà:
Quelle persone sono lì per commemorare te.
Stai assistendo al tuo funerale.
“Carlo! Ma ti pare il modo?! Fammi dare subito una toccatina, va!”
Lo hai quindi già capito.
L’esercizio che ti propongo è proprio questo: quello di immaginare il tuo funerale.
Quello di ipotizzare il modo in cui sarai ricordato dai tuoi cari quando non sarai più accanto a loro.
E se mi prometti di tenere le mani bene a posto ti spiego anche la grande utilità di questa tecnica 😉
La nostra vita attuale
Io penso che dovresti vivere la tua vita in modo che partecipi al tuo funerale il massimo numero di persone.
Scott Adams
Bene. Come funziona allora esattamente la tecnica dell’elogio funebre?
È molto semplice. Prendiamo per prima cosa carta e penna e dividiamo il foglio in due parti uguali.
Sulla parte sinistra descriveremo il nostro prevedibile elogio funebre tenuto presente lo stato attuale della nostra vita.
Considerata la persona che siamo oggi, il nostro stile di vita, il nostro carattere e le nostre abitudini, come pensiamo che saremo ricordati?
Cosa diranno di noi amici e familiari?
Diranno, con grande trasporto, che siamo stati un esempio? Che abbiamo goduto al meglio del dono della vita?
Parleranno, commossi, del grande contributo che abbiamo dato, e di come abbiamo migliorato, seppur in piccola parte, la vita degli altri?
O forse dovranno addolcire cautamente le parole per descrivere una personalità non facile, pigra, languida, e a volte burbera?
Mi segui? 😉
Ma non finisce qui. Sulla parte destra del foglio faremo qualcos’altro.
Descriveremo l’elogio funebre che vorremmo realmente ricevere quando non ci saremo più.
Sì, esatto: parlo di descrivere come vogliamo realmente essere ricordati.
Cosa vorremmo, dunque, che dicessero di noi i nostri amici e parenti? Con quali parole vorremmo che ricordassero la nostra persona ed il modo in cui abbiamo condotto la nostra esistenza?
Quale vorremmo che fosse il nostro contributo alla collettività ricordato dai presenti?
Scomode verità
Le cose che contano di più non dovrebbero mai essere alla mercé delle cose che contano di meno.
Goethe
Sarò sincero. Ho concluso questo esercizio tutto d’un fiato, in una ventina di minuti, e ho deciso di condividerlo proprio perché lo ritengo molto valido.
Esercizi come questo, infatti, ci costringono a riflettere e a porci domande scomode.
Ci costringono a guardare in faccia la realtà, e a prendere atto del divario che ancora esiste tra la vita che abbiamo oggi e quella che, invece, vorremmo realmente avere.
E qui mi piacerebbe aggiungere una cosa.
Il fatto stesso di dover immaginare il nostro funerale sarà immediatamente visto da alcuni di noi come qualcosa di macabro e fastidioso.
Quello della morte (e della nostra limitatezza di essere umani) è infatti un argomento spesso rifiutato e e tenuto alla larga.
Una incomoda verità che ognuno di noi ben conosce, e che puntualmente rimuoviamo dalla mente.
Eppure ti dirò.
Dal canto mio ritengo che ricordare ogni tanto a noi stessi della nostra mortalità sia una tecnica estremamente potente.
Un’arma per aiutarci a fare chiarezza, spazzare via all’istante ogni indugio e aiutarci a distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è.
Non vorrei infatti suonare eccessivamente romantico ma la verità resta una.
Il nostro tempo su questo piccolo pianeta è limitato.
Un giorno anche noi ce ne andremo, lasciando spazio al nuovo e alle future generazioni.
Cosa fare quindi? Come usare questa nostra risorsa così limitata, il tempo?
Beh. Possiamo impiegarlo per condurre una vita priva di ambizioni. Una vita guidata dal flusso degli eventi esterni, dal convenzionalmente corretto, e da quello che gli altri decidono per noi.
O, al contrario, possiamo scegliere di impiegare il nostro tempo per inseguire ciò che per noi è realmente importante.
Possiamo stabilire (e perseguire) le nostre autentiche priorità di vita, anche quando questo ci farà andare incontro a giudizi e disapprovazione altrui.
Possiamo scegliere di abbandonare la nostra zona di comfort, le persone negative che riempiono la nostra vita, e lavorare a testa bassa, con dedizione e senza false scorciatoie, verso la meta.
Lo ripeto. La scelta è sempre e solo nostra.
Come vorremmo quindi essere ricordati al nostro funerale?
Cosa vorremmo si dicesse del modo in cui abbiamo vissuto?
Noi ci leggiamo al prossimo articolo.
Un abbraccio,
Carlo
Search Inside Yourself. Il libro grazie al quale ho scoperto la tecnica dell’elogio funebre, e da cui ho tratto spunto per l’articolo. Ad oggi resta una delle letture che mi hanno segnato maggiormente.
Steve Jobs’ 2005 Stanford Commencement Address. Probabilmente il discorso più celebre (e significativo) di Steve Jobs. Tra gli argomenti condivisi vi sono quelli trattati oggi nel post. Un video che andrebbe visto due volte al giorno. Ogni giorno.
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